venerdì 12 febbraio 2010

Dall' UNITA' del' 11 febbraio 2010



"....l’unica cosa positiva scaturita dalla estinzione della vecchia Imaie è che molti interpreti si sono riuniti in associazioni per interessarsi direttamente a come venivano gestiti i loro diritti. Sarà bene continuino a farlo, vista l’aria che tira difficilmente troveranno dei rappresentanti che lo facciano per loro."



Artisti e sindacati sotto controllo.
Imaie, un tesoretto di 120 milioni per garantire gli interpreti.
Ma ora il governo assume il ruolo di "vigilanza attiva"- Il caso.

di Luca del Fra

Nuova Imaie o vecchia Imaie? Nel decreto legge sulle fondazioni liriche che andrà in consiglio dei ministri la prossima settimana sono contenute le norme per permettere la riattivazione della società che tutela il diritto connesso degli interpreti. A tutta prima sembra un compromesso, con il governo che mette una mano all’interno di questo ente per vigilarne l’attività mentre, in teoria, gli artisti dovrebbero avere un maggiore controllo rispetto ai sindacati che fino a ora hanno retto la baracca. Di mezzo c’è un bel gruzzolo, oltre 120 milioni di euro da ripartire tra gli aventi diritto, vale a dire attori, musicisti, cantanti, ballerini e così via: insomma, gli interessi sono pesanti. Il diritto connesso degli interpreti è in sintesi un compenso sulle opere rappresentate o riprodotte che i mezzi di comunicazione - radio, televisioni e altro - versano per gli artisti-esecutori: alla lontana qualcosa di analogo al diritto d’autore, ma spettante a chi realizza uno spettacolo. L’Imaie, che raccoglieva e ripartiva questi soldi, era stata fondata da Cgil, Cisl e Uil grazie a una legge del lontano 1977, ma era divenuta attiva solo negli anni 90 poiché mancavano di decreti attuativi: è stata dichiarata estinta dal prefetto di Roma il 7 maggio 2009 poiché non ottemperava ai suoi compiti. Il tesoretto dei 120 milioni di euro è composto infatti anche i diritti riscossi e non ripartiti agli aventi diritto, in quanto sconosciuti. Una sentenza del Consiglio di Stato ha anche sottolineato l’inadeguatezza della direzione dell’istituto: in definitiva la vicenda Imaie è stata una pesante sconfitta dei sindacati e degli artisti. Il decreto legge è ancora secretato, ma le indiscrezioni indicano che l’istituto resterebbe privato e il pericolo della trasformazione in ente pubblico sarebbe superato. Il governo in compenso si prende un ruolo di vigilanza, con rappresentanti dei ministeri del lavoro, dell’economia e delle attività culturali negli organi di controllo ma non nel CdA. I soci fondatori, in base alla legge del 1977, restano gli artisti e i sindacati, ma questi ultimi perderebbero terreno nella gestione, con un ruolo di indirizzo e di consulenza. Singolare è la scelta di “salvare tutto il personale”, anche quella dirigenza che non era riuscita a far ottemperare l’ente ai suoi compiti istituzionali. Problematica appare la stesura del nuovo statuto dell’Imaie: oltre ai soci fondatori infatti parteciperà anche il Ministero delle attività culturali. È in quella sede che si capirà il futuro dell’Imaie: cioè se continuerà a essere un istituto dai compiti benemeriti ma dalla gestione non proprio impeccabile, oppure se si volterà pagina. Infatti, l’unica cosa positiva scaturita dalla estinzione della vecchia Imaie è che molti interpreti si sono riuniti in associazioni per interessarsi direttamente a come venivano gestiti i loro diritti. Sarà bene continuino a farlo, vista l’aria che tira difficilmente troveranno dei rappresentanti che lo facciano per loro. ROMA

11 febbraio 2010pubblicato nell'edizione Nazionale (pagina 9) nella sezione "Politica"

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